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Editoriale

Sarà festa quando non sarà più festa

Sarà festa quando non sarà più festa
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di Carmela Pantano

8 marzo, festa della donna. Non mi piacciono le ricorrenze con la scelta di un giorno per festeggiare la donna, l’amicizia, il cane, il disabile come se avessimo bisogno di una data specifica per rispettare questi ed altri concetti simili o di qualcuno che ci ricordi della loro esistenza. Vado ben oltre l’aspetto commerciale di alcune di queste ricorrenze, ben venga, il punto è che ciò presuppone che il riconoscimento del valore di ciò che si festeggia, ancora non esiste, non è insito in noi esseri umani, presente nelle nostre azioni e parole ogni singolo giorno della nostra vita, in maniera naturale. Solo la giornata della memoria esula da questo ragionamento perché quello è un giorno in cui il ricordo diventa conoscenza del passato e base per far sì che il momento più devastante della storia dell’umanità non si ripeta ancora. L’8 marzo, invece, è l’apice di questo ragionamento.

Sarà festa solo quando non sarà più festa. Quando il consegnare i fiori solo alle donne sul palco di Sanremo, come galanteria da sempre suggerisce, non diventi motivo di polemica nazionale, tanto da far dare, nei giorni successivi della kermesse, gli omaggi floreali anche agli uomini. Quando i dati Istat di febbraio non diranno che 99 mila dei 101 mila disoccupati nati dalla crisi generata dal covid nell’ultimo anno sono donne: il 98%, alcune delle quali hanno dovuto semplicemente scegliere se continuare il proprio lavoro o occuparsi dei propri figli in un momento in cui elementi essenziali come la scuola o l’aiuto dei nonni venivano meno. Quando non si leggeranno frasi del tipo “le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla se non la propria intelligenza”, come se le donne avanzate mentalmente debbano per forza essere dei cessi o come se vi fosse un legame o una reciproca negazione, in un senso o nell’altro, fra la bellezza e l’intelligenza. Quando sparirà la definizione di quota rosa in politica, vissuta come un obbligo una costrizione un fastidio dai più, e ci sarà un normale andare avanti in politica piuttosto che in qualsiasi altro campo, non dipendente dalla posizione in cui gli esseri viventi fanno pipì in bagno ma da elementi quali capacità, carisma, potere, caparbietà. Quando non esisterà un gap di 2.700 euro tra lo stipendio di un uomo e quello di una donna che occupano la stessa identica posizione, disparità che raggiunge l’apice soprattutto all’interno delle fasce più deboli della popolazione. Quando un reato verrà giudicato come tale, senza doversi giustificare per il modo di vestire, perché si è in un determinato luogo o in una determinata ora della giornata.

La mimosa è un bel fiore, simbolo di una primavera che sboccia dopo la freddezza dell’inverno, con un colore vivo come pochi, un giallo intenso che illumina, una forma posseduta da poche piante in natura, un fiore fragile nella sua espressione esterna ma con una pianta fortissima, in grado di sopportare le rigide temperature invernali ed i terreni più aridi. Il suo simbolo, forse, è l’unica cosa davvero azzeccata di questo giorno. Per tutto il resto, sarà festa solo quando non lo sarà più.

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