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Primo Piano

MELINA FURNARI, LA PRESIDE

MELINA FURNARI, LA PRESIDE
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di Nicola Belfiore

Non mi piacciono le trappole mentali del pensiero scontato racchiuso nella frase: “la sua vita se l’è fatta, novant’anni sono una bella età”. Vado oltre cercando di planare sui ricordi che ognuno di noi lascia ad eredità nella vita degli altri, anche sconosciuti, a prescindere del trascorrere del tempo e delle deduzioni scontate e pur sempre giuste. Ho visto nei novant’anni della preside Melina Furnari la speranza che si può raggiungere questa soglia temporale in piena forma, efficienza e lucidità mentale, mantenendo l’intelligente ironia e la consapevolezza piena dell’inesorabile trascorrere del tempo. Il suo essere presente tra noi era l’esempio, per tutti, che si può arrivare ad una certa età in modo brillante, con vigore, energia, fierezza ed eleganza. Nelle nostre discussioni a tavola, dove sceglievo di sedermi al suo fianco in quanto per me momento di arricchimento culturale, dai suoi aneddoti di vita vissuta emergeva, in una miscellanea di fatti e ricordi, la generosità di una donna che ha fatto tanto per gli altri, e questo, per lei, era motivo di soddisfazione e di orgoglio. La ricordo come preside di una scuola sana, dove i valori morali e l’educazione passavano anche attraverso qualche schiaffo, che allora non scandalizzava certo nessuno, in quanto dato con l’affettuosità di chi cercava di svegliare quell’amore proprio che rendeva più consapevoli e grandi. Il suo rigore e la sua fermezza erano le giuste vesti per chi aveva un ruolo di grande responsabilità educativa e sociale, perché allora la scuola era una istituzione seria da portare come esempio di credibilità e riferimento educativo di livello. Nessuno dei genitori, allora presenti nella costituzione canonica della famiglia, osava contrastare, né tantomeno giudicare, l’operato e la decisione anche drastica di un docente, il rispetto era prioritario per il percorso culturale e il ruolo societario occupato da ogni educatore: “u dissi u prufissuri”, non servivano altri commenti. Ogni cammino di vita, però, ha un approdo naturale o forzato, un punto di arrivo prestabilito. Prima del suo novantesimo compleanno mi confessò, di non stare tanto bene e per lei questa affermazione era il crollo delle sue certezze. I suoi equilibri incominciavano a vacillare mettendo in discussione anche la serenità di una vita regolare e dinamica: gli spostamenti alla guida della sua auto, i “pranzetti” preparati con le sue stesse mani, la convivialità con le amiche, le sue frequentazioni in chiesa, insomma, l’impegno quotidiano a mantenere quel ritmo per lei vitale e di largo respiro. L’autonomia a 360 gradi era il suo motto e dover dipendere da qualcuno era il cruccio più grande, per lei che andava fiera della sua indispensabile autonomia. Lontano da ogni pensiero e pensare, in così poco tempo, tutto è cambiato per la professoressa Melina ed il suo fugace peregrinare tra cliniche, ospedali e laboratori l’hanno mentalmente distrutta. Tutto è stato così veloce. Si è dovuta arrendere a qualcosa di più grande della sua stessa ferrea volontà e della sua incrollabile determinazione. Con rassegnazione ha dovuto accettare il suo destino e nel letto dell’ospedale, dove cercavo con palliativi verbali di farle capire che doveva prepararsi ad un radicale cambiamento, mi ha risposto: “se lo devo fare lo farò”. Le ho detto: “Preside, sa qual è il vero problema per lei? Essere straordinariamente lucida di fronte a questa grande sfida, sollevare interrogativi e cercare la razionalità in ogni causa ed effetto. A volte bisognerebbe essere meno lucidi, più intorpiditi nel pensiero, non restare imprigionati nella giungla dei numerosi perché ma lasciarli senza risposta e, magari, non porseli neanche “. Ha sorriso annuendo, inghiottita nella sua minuscola figura da quel letto di ospedale e con forza mi ha detto:” fatemi uscire di qua, voglio tornarmene a casa mia”. Così è avvenuto e nella sua casa, come lei già sapeva, ha voluto lasciare questa vita, nel silenzio dignitoso e rassegnato che le apparteneva.  Non posso che ringraziarla per avermi onorato di un’amicizia intima, empatica, rinnovata ad ogni nostro incontro. Da lei ho imparato tanto e la sua fierezza ed eleganza le porterò presenti nei miei ricordi, così come i suoi splendidi sorrisi a sigillo di narrazioni di un passato che riuscivo a respirare anche grazie a lei. Oggi mancherà la sua figura in questo nostro paese, a me mancherà una amica che ho sempre trattato, nella confidenza che mi ha concesso, con deferenza e massimo rispetto per ciò che ha rappresentato e che continuerà a rappresentare nei miei ricordi.

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