
di Nicola Belfiore
Potrei iniziare col dire che la storia si ripete e nel nostro paese, aggiungo, non cambia mai. Si avvicinano le elezioni che da qui ad un anno ci daranno la possibilità di scegliere, per l’ennesima volta, chi ci dovrà governare per i prossimi cinque anni. Come sempre, su questo terrazzo decadente e logoro dello scenario politico, incominciano ad affacciarsi i primi “papabili” candidati con in tasca la soluzione per far risollevare questo nostro Borgo. I nomi sono sempre gli stessi che rimbalzano di bocca in bocca: Taranto, che forse farà altri cinque anni a fronte della nuova norma che glielo consente; Simone che col suo gioco “dentro o fuori” fa un passo avanti e tre indietro; Tortora che dichiara di non essere interessato e manda avanti gli altri garantendo un sicuro appoggio elettorale. Tre ex sindaci che sono sempre là, come il gioco delle tre carte, pronti a cambiare posto con la pretesa di voler ancora sorprendere il cittadino di Montalbano, presentandogli un gioco nuovo che loro chiamano “soluzione”. Soluzione alla stagnante situazione in cui da anni Montalbano galleggia come un corpo senza vita alla deriva; alle misere condizioni economiche in cui versa la nostra comunità; per una rinascita culturale, sociale ed economica del territorio. Soluzioni innovative che, però, non sono mai stati in grado di attuare nei loro dieci anni di mandato elettorale. E poi c’è l’altra parte della medaglia, ovvero: nessuno di loro si prenderà la responsabilità morale e materiale di aver contribuito ad affossare il nostro paese. Se siamo nelle condizioni avvilenti in cui ci troviamo, infatti, la colpa non è certo solo di Filippo Taranto. Oggi, l’amministrazione paga lo scotto della superficialità degli ultimi anni dell’amministrazione Tortora, quando nel nostro paese nessuna figura degli allora amministratori era possibile reperire nell’arco di parecchi chilometri. Problemi e grosse carenze amministrative lasciate alla deriva. Nei suoi ultimi anni Peppuccio Tortora, peggio di Attila, ha lasciato il vuoto amministrativo e i debiti che oggi stiamo ancora pagando. Pippo Simone, invece, a cui si deve, senza ombra di dubbio, la visibilità di cui il nostro Borgo gode anche adesso, in dieci anni di mandato elettorale ha fatto veramente poco se non consolidare la sua posizione all’interno del club dei borghi più belli d’Italia. Nessuno dei due è approdato ad un progetto per il rifacimento dei 18 chilometri di strada da Montalbano a Falcone che potesse dare dignità al nostro paese, nessuno dei due ha risolto il problema dell’acqua, razionata per tutto l’anno, che potesse farci fare quel salto di qualità nei servizi, sempre carenti e precari. Non posso certo dimenticare che a causa di una superficialità amministrativa abbiamo perso, col sindaco Simone, la presidenza dell’istituto comprensivo di Montalbano, consegnata su un piatto d’argento a San Piero Patti. O potrei mai cancellare dalla mia mente la scellerata gestione delle “casette del borgo”, sia per mano di Tortora che di Simone. Montalbano sta morendo anche perché a Filippo Taranto, ribadisco, è stato lasciato in mano un paese già moribondo del quale l’attuale sindaco non si è reso neanche conto, anzi, per dire la verità, non si è reso conto nemmeno di esser sindaco, almeno per i primi cinque anni. A Taranto si deve la capacità, fortuna, coincidenza o quello che volete, di intercettare finanziamenti per il nostro territorio, dando, forse, aldilà delle pubblicazioni enfatizzate su Facebook, una svolta, speriamo, per la strada Falcone Montalbano. Dico speriamo, perché, a fronte dei risultati non ottenuti con la famigerata “bretella”, non vorrei che anche questa strada diventasse una tela di Penelope. In questo momento storico noi montalbanesi viviamo in una sorta di limbo, di vite sospese, di precarietà, dubbi e incertezze non solo sul futuro ma anche sul nostro presente. Situazioni e sensazioni amplificate dal Coronavirus che ci vedono appesi, col capo o con i piedi, a questo amo della pandemia, senza sapere cosa fare per uscirne fuori. Tutto è demandato alle iniziative private: i bar, i ristoranti, i B&B, le case vacanze, tutte le attività commerciali e gli artigiani devono solo sperare nelle proprie risorse e capacità per potersi rialzare da questo nulla che abbiamo intorno. Aldilà della distribuzione dei viveri alimentari, per normativa regionale, il nostro comune a livello economico ha fatto veramente poco per i propri concittadini, sfoderando solo indifferenza a fronte di quasi venti attività chiuse dal 2015 ad oggi. Lo scenario politico che possa darci garanzie per il futuro non esiste se lo leghiamo al passato, a quel passato che ha avuto la possibilità di fare e non ha fatto o ha fatto male. Oggi, chi si propone come novità, con toni apparentemente sommessi, ha solo la velleità di aggiungere al proprio curriculum l’esperienza di sindaco, null’altro. Incontri, riunioni con pochi intimi, accordi e alleanze per pescare più voti possibili. Del futuro di Montalbano poco interessa ai nuovi potenziali candidati. Si parla solo di numeri: “se ci mettiamo assieme potremmo farcela”, “dobbiamo vedere la copertura dei voti delle frazioni, scegliere la persona giusta che può portarci più voti”. Questi i commenti di massima per ottenere la poltrona, mettendo in secondo piano le reali esigenze di un paese spento e morente, come si è fatto sempre e, permettetemi di dire, la colpa è solo nostra. Le elezioni del sindaco, sono l’ultimo baluardo di democrazia popolare, in quanto noi abbiamo la possibilità di scegliere chi ci deve rappresentare per i prossimi cinque anni e pentirsene dopo aver votato, pratica molto comune sul nostro territorio, non porterà proprio a nulla. Abbiamo bisogno oggi di azioni forti, decise, forse impopolari, che a lungo andare porteranno, però, la nostra Montalbano ad essere un esempio per l’intero territorio. Occorre la partecipazione di tutti i cittadini per migliorare la situazione attuale e non certo la presunzione di chi pretende di sapere esibendo solo un passato vissuto all’ombra di ciò che non si è fatto e rivendicando, solo oggi, ciò si poteva o doveva fare.
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