di Augusto Caramelli
Non può passare inosservato, in queste ore, come lo sport preferito da molti osservatori professionisti della politica o semplici cittadini armati di tastiera sia divenuto il tiro al “grillino”. Un bersaglio fin troppo facile e scontato una volta che il Presidente della Repubblica, dopo una reprimenda sottaciuta diretta a tutti i partiti e un’analisi realistica della contingenza in cui viviamo e sulle motivazioni del perché votare ora sarebbe un suicidio per il Paese, ha chiamato per la formazione di un nuovo esecutivo l’arma finale: Super Mario Draghi. A quel punto la caccia alle boiate di Toninelli, già di moda in tempi passati, o le dichiarazioni demenziali della nouvelle vague o di qualche fuoriuscito, tipo Ciampolillo, è tornata prepotentemente alla ribalta. Ok, ma così è sparare sulla croce rossa. E soprattutto da quale pulpito viene la predica? Precisiamo, nel confronto con Marione che fa rima con cannone, non è che in molti farebbero una figura migliore, anche a pescare a casaccio nel meno peggio del resto della classe politica italiana. Quel che però faccio fatica a digerire è l’accusa che si continua a riportare circa il doppiogiochismo del movimento 5 stelle, ricordo a tutti, neofito del governo. Come partito di minoranza relativa è senza dubbio legittimo pensare che non ci possa essere in questa legislatura un governo, piaccia o non piaccia, senza preferenza alcuna, che non passi dalla loro approvazione. Questa sarebbe l’unica vera smentita della volontà della consultazione elettorale. Tutto il resto è legittima opinione partigiana ovvero ignoranza costituzionale. Tale considerazione, sia chiaro, prescinde da ogni giudizio politico, negativo o positivo che possa essere, sull’operato dei due governi succedutisi in questi tre anni. Però ritengo ridicolo che queste accuse trovino i loro maggiori fomentatori nei politici, e loro sostenitori, che fanno parte di quell’area appellata come moderata, o di centro, o liberaldemocratica o chiamatela come vi pare. Insomma quella vastità infinita di partitini, a volte personalistici o indefinibili che spesso e volentieri non arrivano al 3% ma che concorrono tutti a ricoprire una zona ben definita. Quella che una volta apparteneva alla Democrazia Cristiana. Peccato che non si rendano conto che quei trenta milioni e passa di elettori non esistano più, che la volatilità elettorale ha raggiunto punte inenarrabili, in Italia, grazie alla confusione e alla scomparsa di valori nelle formazioni politiche. Peccato, inoltre, che sono talmente supponenti da voler essi stessi assorbire tutti gli altri, senza riuscirci, in preda a dei leader che soffrono di delirio di onnipotenza e portatori insani di scienza infusa. È del tutto evidente che ci sia l’ennesimo (inutile e patetico) tentativo di formare una grande area centrista liberale e socialista al tempo stesso, progressista e nel contempo conservatrice, laica ma cattolica. Una sorta di punto ossimorico di riferimento della politica del Paese. Fare nomi è inutile, perché li sapete (l’ultimo aggiunto è quello statista di Carelli). La domanda però nasce spontanea: ammesso che i vostri megalodontici ego possano permettervi di unirvi tutti insieme, da quale parte volgereste lo sguardo? C’è proprio bisogno che risponda? Non è un caso che la crisi sia esplosa a gennaio, il mese di Giano bifronte. L’importante, come cantava il maestro Battiato è di essere il centro di gravità permanente, anzi centro di governo permanente.