di Emanuele De Francesco
Quello dell’intelligenza artificiale è un processo informatico attuale e di grandissimo interesse destinato ad incidere sulle nostre vite più di quanto non sia ancora possibile immaginare. Fin dall’avvento dei primi computer l’uomo si è sempre interrogato sulle possibili, future evoluzioni del “pensiero artificiale”, immaginando a volte scenari apocalittici e nient’affatto rassicuranti, altre volte opportunità di progresso altrimenti irraggiungibili. Numerose ed importanti le opere cinematografiche che negli anni sono state dedicate al tema dell’intelligenza artificiale, alcune delle quali considerate vere e proprie opere d’arte; film divenuti ormai dei cult per la qualità narrativa e per l’approccio filosofico, hanno disvelato scenari assai vicini a quelli poi già concretizzatisi ai giorni nostri. In film come il celebre “2001 Odissea nello Spazio” di Stanley Kubrik, o quelli della saga di “Matrix”, fino ad “AI” di Steven Spielberg, gli autori hanno saputo focalizzare il nodo del fenomeno dell’AI: la progressiva autonomia ed autosufficienza del pensiero numerico e la sua capacità di autogenerare il proprio funzionamento e la propria evoluzione fino a porsi in sempre maggiore opposizione rispetto all’uomo che a quel punto diventa via via sempre più incapace di contrastare il sopravvento del primo. L’attualità suggerisce che l’implementazione di algoritmi complessi, capaci di emulare i processi neuronali del cervello umano, unitamente ad una capacità di elaborazione dei dati che l’uomo non riuscirà mai ad eguagliare per precisione e velocità, fornisce motivo di reale preoccupazione e comunque l’esigenza di una adeguata riflessione sul tema. Il dato di maggiore criticità del fenomeno risiede, probabilmente, nella capacità della macchina munita di intelligenza artificiale di imparare (molto velocemente peraltro) dai propri errori e “nutrirsi” di esperienza, anche per il tramite dei processi di interrogazione dei milioni di utenti che ogni giorno cercano risposte sempre più plausibili, complesse e complete. E’ vero che l’intelligenza artificiale affonda le proprie radici già a partire dai primi anni ’80 del secolo scorso, ma è soltanto di recente che ha conosciuto uno sviluppo perfino inaspettato per almeno due concorrenti ordini di fattori: l’enorme serbatoio di dati disponibili in formato digitale ed accessibile per il tramite della rete e l’esponenziale sviluppo della capacità di calcolo dei processori di ultima generazione.
OpenAI è la società americana che ha saputo, meglio di altre, interpretare ed implementare le variabili software ed hardware disponibili, che rappresentano attualmente lo stato dell’arte; Microsoft, il cui sistema operativo fa funzionare circa il 90% dei computer attivi nel mondo, ne ha acquisito il progetto, implementandolo nativamente in Windows 11 con il motore di ricerca Bing. Da tale combinazione ne è esploso un fenomeno su larga scala balzato agli onori della cronaca.
Sebbene ogni progresso tecnologico, scientifico e del pensiero umano sia sempre da accogliere senza riserve, quello dell’intelligenza artificiale desta più di qualche preoccupazione specie per i lanci allarmistici provenienti perfino da alcuni dei protagonisti dello sviluppo del pensiero artificiale.
In estrema sintesi, si teme che l’intelligenza artificiale possa ad un certo punto acquisire capacità tali da autorigenerarsi e migliorarsi giungendo a tagliare per sempre il cordone ombelicale con il suo creatore che a quel punto non sarà più in grado di governarla e/o prevederne ed orientarne l’evoluzione. L’allarme probabilmente trova fondamento anche nel prossimo sviluppo della componente hardware con l’avanzata dei computer quantistici, i quali, affinati alcuni “bugs” che attualmente ne limitano la precisione dei risultati, saranno capaci di una elaborazione dati vertiginosa, rendendo largamente anacronistica la Legge di Moore (che in sintesi e per approssimazione afferma che la capacità di calcolo dei processori raddoppia ogni 18 mesi a costi di produzione dimezzati). Già oggi i computer quantistici riescono a battere le cpu tradizionali nel calcolo computazionale con numeri inimmaginabili: in certe condizioni un computer quantistico è stato capace di risolvere calcoli complessissimi in appena qualche ora contro le centinaia d’anni necessari ad una cpu tradizionale. La combinazione calcolo quantistico e algoritmo di intelligenza artificiale apre a scenari ancora non noti ma potenzialmente pericolosi per l’uomo. Giunti a questo punto dell’evoluzione dell’AI, alcuni scienziati hanno lanciato un fondato allarme, anche tenuto conto di un altro tema informatico che sarà prossimo ad esplodere e pronto a rivoluzionare potenzialmente le vite degli uomini: il metaverso (oggi la società proprietaria di facebook si chiama per l’appunto Meta e sta investendo enormi somme di denaro per lo sviluppo del metaverso). Si tratta di un luogo virtuale, una sorta di replica codificata del mondo reale in cui ogni persona, dotata di appositi strumenti che costituiranno le interfacce fisiche e software potrà interagire e svolgere le proprie attività quotidiane, proprio come nella vita reale, concludendo contratti, scambiando prodotti, accordi o semplicemente fruendo di esperienze da soli o interagendo con altri soggetti presenti nel metaverso. La combinazione dei due fenomeni lascia quindi ipotizzare di potersi trovare a vivere nel metaverso un continuo e sempre più rilevante confronto/competizione con altri soggetti in ipotesi frutto della creazione e delle determinazioni di una qualche intelligenza artificiale con l’immaginabile esito di tale confronto a tutto vantaggio dei computer che, rispetto agli uomini, vantano un data-base di informazioni prontamente implementabile a seconda delle circostanze e di cui l’uomo, invece, non sarà mai in condizione di poter beneficiare con la stessa facilità e velocità. Rimane la speranza che la più alta forma di intelligenza rimanga la sfera emozionale, prerogativa dell’essere umano, difficilmente replicabile dagli algoritmi software, per quanto complessi ed evoluti essi siano, e che, insomma, nella battaglia tra logica artificiale e logica naturale alla fine prevalga la seconda perché l’unica ad essere dotata dell’intelligenza del cuore, delle emozioni e della compassione.
Chi vivrà vedrà.