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Editoriale

L’editoriale: il vento, si sa, nasce nella vinella di Belfiore

L’editoriale: il vento, si sa, nasce nella vinella di Belfiore
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di Carmela Pantano

Eolo è il dio del vento. Vive a Lipari, nelle isole Eolie che, proprio dal dio, prendono il loro nome. Tiene i venti rinchiusi all’interno di un otre, cercando di tenerli a bada e, quando è il caso o quando gli gira, li libera. I miti, storie meravigliose senza tempo, possono, però, subire delle inevitabili modifiche. E fu così che Eolo decise un giorno di un tempo molto lontano di costruire la casa delle vacanze a Montalbano, precisamente nella vinella di Belfiore. Lì, senza logica e criterio, apre la bocca del suo otre e libera i suoi venti, probabilmente tutti insieme, innescando una lotta fra loro e trascinando chiunque si trovi a passare. Il vento a Montalbano nasce nella vinella di Belfiore, è una verità incontrovertibile, indiscutibile.
Basta attraversare il corso, quello che fino adesso è stato il corso Principe Umberto e che, secondo una delibera di qualche mese fa, fra un po’ diventerà corso Pippo Rotella, per essere colpiti da una folata in grado di far perdere l’equilibrio. È come la bocca di un drago, solo che da lì viene fuori aria, non fuoco. Il bello, però, è entrare nel vicolo. La forza si misura al suo interno. Ed una volta che sei in mezzo a quelle pareti strette ed alte, in una di quelle giornate giuste, dove Eolo dorme ed i suoi venti sono a briglia sciolta, come in questi giorni di marzo, allora è poesia. Puoi essere un bambino, un adulto maturo e responsabile, un anziano con il bastone ma non puoi fare altro che allargare le braccia e trattenere il vento, con le giacche che si gonfiano ed i passi che stentano a procedere.  Lo fanno tutti, nel segreto di quella stretta e discreta via, non si dice neppure al prete al momento della confessione, ma lo fanno, tutti. La prima volta da piccoli e poi…sempre.
A Montalbano ci sono luoghi che parlano. Noi Montalbanesi il più delle volte straparliamo ma i luoghi no, loro dicono sempre cose giuste e sensate. Parla la piazza, enorme, immensa, come poche, nei suoi giorni vuoti e di silenzio, troppo silenzio, nei giorni pieni ed accaldati, quando i piedi familiari tornano a calpestarla. Parlano le pietre del castello che da secoli e secoli vedono cambiare i passanti, che una volta vedevano gli arcieri e le dame ed adesso i gitanti del fine settimana e le scolaresche con il telefonino. Parla l’angolo di via Mastropaolo dove una Madonnina nera fa capolino da una piccola nicchia nel muro, facendoti venire voglia di fare silenzio se stai parlando perché non vuoi disturbare ma basta fare pochi passi avanti per vedere, sulla destra, l’intera Montalbano dall’alto e, sulla sinistra, la voce che si alza con lo sguardo che arriva fino al mare. Parlano le scalinate della chiesa Madre che hanno visto generazioni e generazioni di abitanti del quartiere Matrice trascorrervi le serate e le scalinate della Piazza che hanno accolto tutti, chiunque, da sempre, per una sera soltanto o per anni ed anni, quanti segreti, pettegolezzi, pensieri trattengono. Parla l’Orante all’Argimusco, immensa, enorme, a sovrastare tutto e tutti, da tempi lontanissimi, ad osservare uno spazio infinito e chiunque si trovi a passare da lì per pochi istanti.
In ogni luogo succede qualcosa. Siamo noi a crearli, spesso ce li portiamo dietro e spesso torniamo solo per ritrovarli. Si può vivere in tanti luoghi ma averne in realtà solo uno realmente proprio, come quelle piante che riescono a vivere solo in un determinato ambiente. Si diventa, talvolta, un po’ il posto in cui si vive nel bene e nel male.
Essere in un posto che non parla, che non dice nulla, è un po’ come ballare senza musica. Durante la prossima giornata di vento, andate nella vinella di Belfiore, nessuno vi vedrà. Ci sarà solo la musica.

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